La critica, nel suo paradossale spazio d'esistenza, somiglia a un fuggire per ritornare. Un ricercare che ha il sapore dello scostare il velo, scrollarsi di dosso la polvere dalla propria esistenza. Inforcando le lenti dell'immaginazione e scartando, come il Lousteau delle Illusioni perdute di Balzac, tra le stoffe della letteratura quelle meno resistenti, giacché «la critica è una spazzola che non si può usare sulle stoffe leggere, o si porterebbe via tutto». L'equilibristico aggirarsi al confine estremo tra passione e analisi: sta qui, forse, il punto di massimo di distanza del critico puro dal puro scrittore.
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