Dal 2012 al 2017 Damir Grubiša è stato ambasciatore della Repubblica di Croazia in Italia. Professore universitario con molte pubblicazioni alle spalle, studioso del Machiavelli, del quale ha tradotto in croato e commentato le opere scelte, con pregresse esperienze politiche (è stato, tra l’altro, dal 1986 al 1990 direttore del Centro di Cultura e Informazione della ex Jugoslavia a New York, capo di gabinetto del ministero degli esteri sempre nella ex Jugoslavia e altrettanto lo è stato presso il ministero degli esteri della Croazia, più altri incarichi di responsabilità).
Figlio di madre italiana e padre croato, per le sue origini fiumane ha avuto la ventura di essere, al seguito della famiglia materna, esule giuliano-dalmata in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, per poi tornare a Fiume, dopo la dura esperienza del campo profughi e la liberazione del padre, condannato dal regime di Tito ai lavori forzati, dopo l’accertamento di alcuni fatti relativi alla fuga in Italia di un gruppo di dipendenti del Silurificio del quale erano dipendenti. Esperienze, queste, che gli hanno permesso di capire, più di altri, sulla propria pelle, le ragioni degli altri, e gli hanno conferito la tendenza a una rara obiettività nella visione politica e culturale, non senza diritto di critica e di opinioni, che ben risaltano in questo “Diario diplomatico” che ha il pregio di dire pane al pane e vino al vino, senza troppi giri di parole. Non a caso, come scrive Damir Grubiša nella premessa, confessando che aveva l’idea di scrivere e pubblicare le note che troverete in questo libro già durante il suo incarico di ambasciatore a Roma, ma “ho ricevuto, al riguardo, l’esplicita proibizione dei miei superiori al Ministero per gli Affari Esteri e europei della Croazia”.
Note che abbiamo il privilegio di leggere oggi, in questo straordinario Diario diplomatico e che, sicuramente, per i tanti retroscena, alcuni scottanti, che racconta, non mancheranno di avere una loro eco nelle cancellerie non solo croate e italiane.
Diego Zandel
Figlio di madre italiana e padre croato, per le sue origini fiumane ha avuto la ventura di essere, al seguito della famiglia materna, esule giuliano-dalmata in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, per poi tornare a Fiume, dopo la dura esperienza del campo profughi e la liberazione del padre, condannato dal regime di Tito ai lavori forzati, dopo l’accertamento di alcuni fatti relativi alla fuga in Italia di un gruppo di dipendenti del Silurificio del quale erano dipendenti. Esperienze, queste, che gli hanno permesso di capire, più di altri, sulla propria pelle, le ragioni degli altri, e gli hanno conferito la tendenza a una rara obiettività nella visione politica e culturale, non senza diritto di critica e di opinioni, che ben risaltano in questo “Diario diplomatico” che ha il pregio di dire pane al pane e vino al vino, senza troppi giri di parole. Non a caso, come scrive Damir Grubiša nella premessa, confessando che aveva l’idea di scrivere e pubblicare le note che troverete in questo libro già durante il suo incarico di ambasciatore a Roma, ma “ho ricevuto, al riguardo, l’esplicita proibizione dei miei superiori al Ministero per gli Affari Esteri e europei della Croazia”.
Note che abbiamo il privilegio di leggere oggi, in questo straordinario Diario diplomatico e che, sicuramente, per i tanti retroscena, alcuni scottanti, che racconta, non mancheranno di avere una loro eco nelle cancellerie non solo croate e italiane.
Diego Zandel