La battaglia persa della Marina Militare Italiana non si è combattuta in mare, ma nelle sale macchine, nei dormitori e nelle sale mensa delle navi, dentro i sommergibili, negli Arsenali di La Spezia, Taranto e Augusta. La battaglia persa, che dura da decenni e non è ancora conclusa, non ha avuto come avversaria una flotta pronta a invadere le nostre coste, ma un nemico invisibile, l'amianto, che ha causato centinaia di morti.È dal 1992 che il minerale è stato messo al bando da una legge dello Stato, eppure le navi hanno continuato a restare in servizio, a navigare con i loro equipaggi e con il loro carico letale. E ancora oggi, un quarto di secolo dopo, i marinai e gli ufficiali continuano ad ammalarsi, vittime del mesotelioma o di altre forme di tumore causate dall'inalazione delle terribili fibre che si insediano nei polmoni o nella pleura, dove possono restare latenti anche per trent'anni. E le bonifiche a bordo non si sono ancora concluse, nonostante il Ministero della Difesa assicuri che non c'è pericolo, che l'amianto è tutto rimosso o è stato messo in sicurezza dalla metà degli anni Novanta.Il libro di Lino Lava e Giuseppe Pietrobelli, giornalisti de "Il Gazzettino", il primo cronista giudiziario di lungo corso, il secondo inviato speciale, non è solo la ricostruzione di un'istruttoria che ha messo sotto accusa i vertici della Marina Militare.È anche il racconto di tante storie di bravi ragazzi che hanno dato i loro anni migliori e la loro vita professionale alla Marina, e che sono stati colpiti da un male che non perdona.