Nel panorama delle riviste culturali del Novecento, «Linea Nuova» (1964-1967) si ritaglia un posto tutto suo. Nacque a Palermo per iniziativa di un appassionato filosofo, Erminio Cavallero, formatosi vicino a Pietro Mignosi prima e durante gli anni della «Tradizione». Intellettuale versatile, Cavallero fu anche poeta, drammaturgo e saggista, nonché acuto osservatore del suo tempo. Sull’onda del Vaticano II, «Linea Nuova» si fece interprete del sentimento post conciliare, cercando di abbracciare ogni campo del sapere entro l’orizzonte di un rinnovato umanesimo cristiano. Rivista di «cultura e interessi umani», come annunciava il sottotitolo, prese in esame diversi aspetti salienti di quella vivace congiuntura storica, segnata da trasformazioni profonde, sfide impegnative e grandi attese, delineando un significativo aggiornamento della figura e del ruolo dell’intellettuale cattolico. Pur nella pluralità delle voci, va riconosciuto in particolare al direttore di aver saputo cogliere tempestivamente e mettere a fuoco le tematiche più stringenti di quel decennio, sollevando questioni politiche, etiche e culturali d’indiscutibile rilievo. Cavallero riuscì a coinvolgere nel suo progetto un bel manipolo di pensatori (Santino Caramella, Michele Federico Sciacca, Giulio Bonafede, Oreste De Seta), critici (Marcello Camilucci, Salvatore Orilia) e poeti (Diego Valeri, Margherita Guidacci, Mariella Bettarini, Gioacchino Caprera), che ne condivisero lo slancio umano e la passione per la verità. A «Linea Nuova» collaborò assiduamente anche Carlo Betocchi, di cui l’antologia ripropone tutti i testi poetici, solo in parte confluiti, e con varianti, nella raccolta Un passo, un altro passo.