Due sorelle si trovano a convivere in un monolocale a Milano dopo una vita vissuta distanti. Sono in una senilità quieta in cui ciascuna rispetta il silenzio dell'altra. Per motivi diversi qualcosa scuote il loro equilibrio fragile e le spinge a muoversi, una nel passato ad affrontare i suoi fantasmi, la sua fuga l'indomani del sequestro Moro, a cercare nella storia del padre, carabiniere sfuggito all'attentato di Bellolampo, il senso del suo essere nata e della sua vita; l'altra ad abbandonare Milano per raggiungere Palermo, dove trova, senza cercarle, realtà che la riportano ai tempi in cui suo padre fu lì, dopo la strage di Portella della Ginestra. In particolare Cortile Cascino. Nei ricordi recuperati o ricostruiti della prima si incontra l'esperienza scolastica da studente e da docente, in un paesino dell'Oltrepò, e quella del suo direttore, ex-sessantottino innamorato di Bloch e di Milena, con un nonno legato al fascismo. La riflessione sulla scuola è come un fil rouge che guida il romanzo: da quella degli anni Trenta di Primo, il padre, alle esperienze della Casa del sole al parco Trotter, al Parini di Milano ai tempi della contestazione fino a quella post-sessantottina della protagonista. È lei che svela al lettore i meccanismi narrativi del farsi del romanzo, della genesi familiare nata a sua volta da una relazione su brigantaggio e banditismo. Nell'esperienza del viaggio della seconda si innestano luoghi dell'anima e dei sentimenti vissuti e vivi: Genova, Cefalù e Pozzallo. È lei che ritrova le tracce del padre in Sicilia. È lei che mantiene nella sua efficiente operosità le tradizioni culinarie, lo stile di vita dei genitori. È lei che trova il modo per restaurare, ripulire, ottimizzare. Insieme, su rette parallele, raccolgono emozioni legate al loro passato: una famiglia delle Marche sporche emigrata nel Nord di Calindri e del Cynar. Ricostruiscono il contesto e la realtà sociale nella quale il padre nacque e dal quale si staccò, una da casa di ringhiera della periferia milanese, l'altra da un tinello palermitano. Restituiscono esperienze familiari e uno spaccato della storia comune, che disegnano una parte di popolazione mossa dalla ricerca del pane e dall'opposizione alla povertà. Quella povertà che, scopriamo, è un'arma politica.
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