Ojeda è un impiegato scialbo e abitudinario. Sposato, senza figli e quasi senza amici, vive in pace e tranquillità grazie al suo lavoro nel reparto amministrativo di un’impresa. A seguito di un ridimensionamento aziendale viene promosso a supervisore: questa nuova condizione di responsabilità, però, sgretola il suo mondo spingendolo a rinchiudersi in una prigione fatta di complicati calcoli matematici o minuziose descrizioni che appunta maniacalmente sul suo blocco note. Poco a poco si concentrerà sugli oggetti che lo circondano, escludendo e rovinando definitivamente le relazioni con altri esseri umani. La sua auto-reclusione diventa sinonimo di una reinvenzione dell’universo attraverso le parole, un compito che si rivela troppo pericoloso, poiché l’esistenza del mondo dipenderà esclusivamente da ciò che Ojeda deciderà di descrivere. Racconto kafkiano di un processo psichico che finisce per divorare e consumare tutta la realtà esterna, La prigione di Ojeda ha vinto il prestigioso “Premio de Novela Breve Juan Rulfo 2004”.