Ci troviamo di fronte a un modo nuovo di fare poesia, un susseguirsi di parole che si concatenano di suono e di essenza mentre di fronte al lettore si apre un quadro astratto dove le forme, i suoni, i colori e i ritmi si rincorrono fino a formare costrutti di grande ragionamento e respiro poetico. Una poesia ricca di metafore, simbolismi e figure retoriche che rendono il verso caleidoscopio immaginario in quei riflessi che sanno di vita, di fede, di mistero e di incanto da ricercare nell’idioma, nell’osservare, nel rivedersi da un’altra angolazione dove lo stesso ego si incanta a ricevere messaggi provenienti dalla stessa introspezione dove tutto è raggiungibile, perfino ciò che nella realtà comune delle cose appare lontana. Scrittura profonda, a volte soffio vitale in contemplazione, la Atzori ricama la parola rendendola delicata musica e questo, grazie al ritmo della costruzione tecnica che magistralmente sa creare dove la ricerca del termine, rende chiaro il senso di ciò che l’autrice vede attraverso il suo viaggio interiore, itinerario fatto di scoperte, di asserzioni, di rimpianti e desideri.