La storia narrata da Ugo Cabbi è incredibilmente vera. È la testimonianza preziosa di un uomo, nato negli anni ’30 in Eritrea, che per necessità connesse al suo lavoro ha avuto l’opportunità di viaggiare in molti Paesi del mondo, soprattutto arabi, quando essi, negli anni ’60 e ’70, erano ancora poco conosciuti da molti occidentali.Tra cantieri da portare a termine con gente non sempre affidabile e le difficoltà di territori aspri e inospitali per l’uomo, come il deserto di Rub’ al-Khali, in Arabia Saudita, può accadere anche di fare incontri inaspettati. E poi di rimanere così estasiati da una figura femminile da non dimenticarla al ritorno in Italia. Se poi al caso fortunato (un nuovo incarico di lavoro in quelle zone) si unisce il proprio desiderio, ecco che ritrovare quella donna di nome Leila, la “perla del deserto”, non sarà così difficile. Ma Leila è una beduina, cresciuta con un carattere forte nonostante le violenze subite dal “Bedù” e la miseria che accompagna la sua vita quotidianamente.Il racconto di Cabbi nella seconda parte è sì in gran parte frutto di eventi reali, ma il fascino del deserto e del suo fiore più bello cedono il passo anche a una dose di fantasia, un tributo a un evento raro nella vita come l’amore.