La Marinara di Mezzanotte non è una pizzeria, è un confine. Un posto dove il tempo si arrende, fermo a mezzanotte, e la realtà si mescola con il vapore del forno. Ciccio, il proprietario, è un monumento al colesterolo e al cinismo: dita unte, fiato di cipolla, e una filosofia spiccia quanto il resto del suo locale. Accanto a lui, dietro il bancone, c'è Clara, con il suo sguardo che pesa ogni cliente come fossero spiccioli, sempre a contare qualcosa che non torna mai. Poi c'è Sebastian, il volantinatore a tempo perso e nichilista a tempo pieno, uno che crede nei silenzi più che nei sorrisi, e che dalla vita si aspetta giusto il conto, possibilmente sbagliato. In quel posto, ogni sera sembra uguale, ma non lo è mai. Ogni tavolo è un confessionale senza prete, ogni cliente un racconto con le pagine strappate. Ci sono storie che si sbriciolano come croste sottili, vite cotte male e sogni raffreddati troppo in fretta. È qui che si parla di amori alla diavola e rimpianti alla marinara, tra filosofie improvvisate con la stessa grazia di un taglio di pizza mal riuscito. La pizzeria non serve solo cibo, ma segreti, ombre e parole dette a mezza voce. È il posto dove Sebastian, Clara e Ciccio vivono sospesi, tra i clienti e i loro fallimenti, tra battute taglienti come coltelli e introspezioni che bruciano più del forno. In fondo, La Marinara di Mezzanotte non è altro che un noir gastronomico: un luogo dove si mastica la vita, si digeriscono le sconfitte e, ogni tanto, si servono verità così amare da sembrare il conto.
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